LE BUONE PRATICHE CONTRO LO SPRECO ALIMENTARE

Sono molte le esperienze che puntano a ridurre gli sprechi alimentari. Si tratta di iniziative promosse a livello istituzionale, aziendale, che fanno rete tra soggetti diversi o che partono dai cittadini. Alcune creano delle comunità reali, altre virtuali, c’è chi punta alla sensibilizzazione e chi a mettere in pratica progetti innovativi per ridurre gli scarti o ridistribuire i prodotti che non possono essere venduti.

L’obiettivo è sempre lo stesso, quello di tessere una maglia fatta di organizzazioni e comunità orientate a valorizzare il cibo, quello bello e quello brutto, quello ammaccato ma ancora sano e gustoso. Viviamo in una società dove le disuguaglianze sono talmente vistose da non poter essere ignorate e sprecare il cibo deve essere considerato un gesto offensivo verso chi è in difficoltà.

Il Libro bianco Coop sullo spreco alimentare illustra tante iniziative, in parte sintetizzate di seguito e molte altre, in particolare quelle sviluppate nel nostro Paese e da Coop, sono presentate sulle pagine dell’area “Cosa fa Coop” e in quelle dedicate ai diversi interlocutori interessati, che invitiamo a partecipare a questa comunità per condividere soluzioni e iniziative volte a contrastare lo spreco di cibo. Per saperne di più segui i link indicati su questa pagina.

 

Milano ed Expo 2015

Milano si è particolarmente confrontata con le tematiche dello spreco alimentare in occasione di Expo 2015. Durante l’esposizione è stato sottoscritto il Milan Urban Food Policy Pact, patto siglato da 123 città di tutto il mondo per realizzare politiche che promuovano sistemi alimentari equi, sostenibili e resilienti ed un quadro d’azione con interventi in sei ambiti: governance, diete sostenibili, giustizia sociale ed economica, produzione del cibo, distribuzione del cibo e spreco alimentare. Altre iniziative avviate in occasione dell’esposizione, come il protocollo Intesa anti spreco e i progetti di Milano Ristorazione, sono descritte nell’area dedicata alle iniziative degli enti locali.

 

Inglorious fruits & vegetables

Nel 2015 la catena di supermercati e ipermercati francese Intermarché ha lanciato la campagna Inglorious fruits & vegetables, prevedendo uno sconto del 30% sulla frutta e verdura che presentava qualche difetto. La campagna in un solo mese ha coinvolto 21 milioni di persone, il flusso nei negozi durante la campagna è aumentato del 24% e ogni punto vendita ha venduto nei primi due giorni 1,2 tonnellate di prodotti scontati. L’anno successivo la stessa catena ha avviato la vendita in promozione di biscotti che altrimenti sarebbero stati scartati per difetti di lavorazione. A seguito del successo di queste iniziative altre cinque catene della grande distribuzione hanno lanciato progetti simili. Evidentemente il consumatore, se ha la possibilità di scegliere, apprezza anche le forme “originali”.

 

Un piano multilivello per ridurre gli sprechi

Tesco, la prima catena di supermercati del Regno Unito ha avviato una serie di progetti volti alla prevenzione dello spreco alimentare a tutti i livelli. Entro il 2017 tutti i punti vendita in Inghilterra saranno collegati alla rete di recupero FareShare, che dona il cibo invenduto agli enti caritativi, ed entro il 2020 estenderà questa pratica a tutti i suoi punti vendita nel mondo. Grazie alla app FoodCloud, alla fine di ogni giornata il punto vendita segnala la quantità di cibo in surplus alle Onlus del territorio che possono prenotarlo e passare a ritirare il cibo in negozio. In tre anni di collaborazione con FareShare, Tesco ha donato l’equivalente di 14,7 milioni di pasti. Per contrastare lo spreco domestico, dal 2014 non ricorre più a formule promozionali come il 3×2, preferendo il buy one now, get one free later per i beni deperibili, che rende possibile ricevere una seconda confezione in omaggio dello stesso prodotto ritirandola nei giorni successivi. Ha messo in contatto i propri produttori con FareShare perché donino i prodotti scartati nel processo di lavorazione e fa previsioni di vendita in modo che i fornitori possano pianificare la produzione. Ha anche promosso alcune iniziative speciali: una joint venture con un produttore di yogurt per realizzare un gusto alla mela che utilizza frutta imperfetta che rischia di restare sugli scaffali; una partnership tra un fornitore di patate e un’azienda di trasformazione che usa patate bitorzolute per produrre purè precotto.

 

Re-food: 4.000 volontari in bicicletta per le strade del Portogallo

Il signor Hunter Halder nel 2012 si è trovato senza lavoro e, partendo dalla sua condizione di bisogno, ha avuto un’idea. Munito solo della sua bicicletta ha cominciato a girare per le realtà commerciali del suo quartiere di Lisbona per chiedere se erano disposte a donare i prodotti in scadenza e le porzioni di cibo avanzate nei ristoranti. L’idea ha avuto fortuna e il progetto Re-food ora coinvolge 8 città fra cui Porto e Lisbona, conta su una rete di 4.000 volontari che offrono 2 ore a settimana per raccogliere le donazioni girando in bicicletta per il proprio quartiere o confezionare il cibo in pacchi per i bisognosi presso le sedi dell’associazione. L’iniziativa conta 4.500 beneficiari e distribuisce 46.000 pasti al mese. L’associazione non chiede sostegno in denaro, semplicemente riceve dai partner un sostegno in termini di spazi da adibire alla distribuzione e materiali per porzionare gli alimenti. Le biciclette e gli automezzi sono frutto dei diversi premi che il progetto ha vinto nel tempo.

 

Il programma brasiliano Project Fome Zero

Il progetto, avviato nel 2001 e potenziato nel 2003, anche con un finanziamento FAO, parte dall’assunto che la povertà alimentare non è dovuta a scarsità di cibo, ma al fatto che troppe persone non hanno risorse sufficienti per acquistarlo. Uno dei paradossi del Brasile è che pur avendo forti sacche di povertà, con molte persone che vivono con meno di un dollaro al giorno, è uno dei principali esportatori di generi alimentari. Quello che è stato messo in piedi è un piano governativo volto alla riduzione degli affamati che prevede al suo interno anche la lotta allo spreco alimentare. Il progetto principale è quello della Bolsa familia, un insieme di sovvenzioni alle famiglie povere che rispettino alcune condizioni ed adempiano ad obblighi, come mandare i figli a scuola, farli vaccinare e sottoporli a periodici controlli medici. Un altro cardine del progetto sono gli aiuti all’agricoltura familiare urbana, periurbana e delle aree rurali del paese. Sul fronte dello spreco è stata prevista una norma che renda più facile effettuare donazioni a strutture caritative, prevedendo il coinvolgimento di imprese e commercianti affinché si facciano parte attiva di un’opera di promozione sociale.

 

Le reti contro lo spreco alimentare in Italia tra reale e virtuale

In Italia nel capo della donazione delle eccedenze si sono sviluppati due diversi modelli organizzativi: il primo stabilisce un rapporto diretto tra i soggetti che cedono i prodotti invenduti e le organizzazioni del volontariato sociale presenti sul territorio; il secondo invece prevede l’intervento di soggetti terzi, le banche alimentari, che si occupano della raccolta e redistribuzione alle associazioni di solidarietà. L’esempio più significativo del primo è rappresentato da Coop con il progetto Buon Fine, mentre quello che meglio rappresenta il secondo modello è il Banco Alimentare, che oltre alla nota iniziativa della Colletta Alimentare, promossa presso i supermercati, organizza anche alcuni servizi per recuperare gli alimenti che altrimenti andrebbero buttati. È il caso di Siticibo, l’iniziativa che grazie ad una rete di volontari e di magazzini, recupera cibo in scadenza da supermercati, mense ed eventi per ridistribuirlo alle organizzazioni di solidarietà.

Nel nostro Paese sono state promosse anche alcune iniziative che usano la rete per evitare lo spreco. Tra queste, alcune app come: Last Minute sotto casa, nata a Torino, sulla quale i piccoli esercizi commerciali possono proporre merce in scadenza a prezzi ribassati alle persone iscritte; MyFoody, nata a Milano e ancora in fase sperimentale, simile alla precedente ma prevede anche la possibilità di donare ad alcune Onlus quanto risparmiato dalla spesa; Breading che mette in contatto tra loro i panettieri e le organizzazioni di solidarietà.

 

Save Food per la riduzione dello spreco di mango

Save Food è una campagna lanciata dalla FAO in partnership con altre organizzazioni che ha costruito una rete di 72 realtà tra industria, politica, stakeholder e istituti di ricerca, per promuovere il dialogo, la ricerca e sviluppare soluzioni concrete di riduzione dello spreco lungo tutta la catena agroalimentare. Ogni anno realizzano una fiera in cui esibiscono i prodotti, soprattutto packaging, che aiutano a ridurre lo spreco di cibo e fanno il punto sulle rispettive campagne informative. Il progetto realizza anche iniziative di sostegno concreto, come è avvenuto nel caso della Compagnia Azuri Health, fondata dalla dr.ssa Tei Makunya, impegnata nella riduzione dello spreco di mango in Kenya. Il mango è un frutto altamente deperibile: in Africa va mediamente perso il 50% della sua produzione, uno spreco insostenibile per stati come il Kenya dove è la principale fonte di reddito e ben 300.000 tonnellate di questo frutto vengono buttate prima di raggiungere il mercato. L’idea della dr.ssa Makunya è stata di provare ad essiccarlo, avviando la sperimentazione a casa sua con un impianto di disidratazione elettrico ad energia solare. Dopo soli dieci anni, questa piccola impresa è diventata un’azienda in espansione con 30 persone di staff e una produzione di circa 10 tonnellate di mango essiccato, oltre ad altre tipologie di frutta sempre essiccata fra cui ananas e frutti della passione. La collaborazione di Save Food ha portato alla creazione di una rete con produttori di packaging ed altri soggetti che hanno aiutato l’impresa a farsi conoscere sul mercato internazionale e offerto consulenze e formazione. La Compagnia Azuri Healthnel 2016 ha aperto un nuovo sito di produzione vicino a Nairobi, grazie alla collaborazione di Save Food e reperendo i capitali necessari per i macchinari attraverso il fund-raising.

 

La piattaforma UNEP-FAO Think.Eat.Save

Dalla rete di Save Food è partita una campagna informativa con al centro la piattaforma web Think.Eat.Save, un luogo di scambio di buone pratiche e idee da tutto il mondo, compresi alcuni paesi asiatici che spesso sono considerati poco sensibili alle tematiche ambientali. Ad animare questo sito sono le tante realtà che hanno aderito alla rete promotrice. Il portale contiene anche alcuni strumenti utili per portare avanti azioni di advocacy: si va dal materiale per organizzare campagne di sensibilizzazione – come volantini e file grafici per magliette – a piccoli manuali informativi.